NOZIONI FONDAMENTALI



Chiamiamo "proposizione" ogni espressione della quale si può dire che è vera o falsa.


Dichiarativi sono, però, non già tutti i discorsi, ma quelli in cui sussiste un'enunciazione vera o falsa. (Arist., Dell'espressione, 4, 17, a.1 ss.).


Es. "piove", "Isidoro beve", "Carlo ama Francesca"


Non sono proposizioni pensate, ma scritte. Ciò è importante da precisare, infatti:


Es.

  1. piove

  2. piove


sono due proposizioni: hanno la stessa forma e lo stesso significato. Diciamo che stiamo in presenza di due proposizioni EQUIFORMI. Se si tratta di due proposizioni che non hanno la stessa forma, si parlerà di proposizioni DIVERSIFORMI:


Es.

  1. bevo

  2. io bevo


Nell'esempio le due proposizioni diversiformi hanno lo stesso significato. Può accadere che due proposizioni equiformi abbiano significato diverso, ma noi per il momento lo escluderemo.


Chiamiamo "termine" una parola scritta o un complesso di parole con un senso ben determinato, ma che non costituiscono una proposizione:


Es. "Dio", "buono", "magari", "un grande uomo", "Marco"


Chiamiamo "espressione" un termine oppure una proposizione.


Chiamiamo "simbolo" una lettera, un altro segno scritto qualunque o un'espressione con un senso determinato (dunque anche termini e proposizioni).


In molti libri c'è confusione tra il simbolo e il significato da esso espresso. Si tratta di un errore grave. Bisogna distinguere le due supposizioni dei simboli:



Es.

  1. "uomo" è un sostantivo

  2. uomo è un sostantivo

  3. "uomo" è composto di quattro lettere

  4. l' "uomo" è un vivente

  5. l'uomo è un vivente


Al posto delle virgolette è lecito usare altri caratteri o il corsivo, oppure l'uso grafico di righe speciali.


Alcune proposizioni si adoperano per esprimere ragionamenti: si parla di "argomentazioni".


Es. "se il sole splende, allora è giorno; ma il sole splende, dunque è giorno"


La Logica formale tratta delle argomentazioni o, più esattamente, della forma di esse. Cosa si intende per "forma" di un'argomentazione?


Es.

  1. Se il sole splende, allora è giorno;

    ma il sole splende, dunque è giorno.

  2. Se piove, allora la terra è umida;

    ma piove, dunque la terra è umida.

  3. Se Isidoro fuma, allora Pietro dorme;

    ma Isidoro fuma; dunque Pietro dorme.


La forma delle tre argomentazioni precedenti è la seguente:


"SE ... ALLORA ...; MA ..., DUNQUE ..."


Dove ci sono spazi vuoti, possiamo mettere proposizioni e, se ciò viene opportunamente fatto, la forma precedente diventa una vera argomentazione.


Es.

  1. Se il sole splende, allora è giorno;

    ma Isidoro beve, dunque 2 + 2 = 5.

  2. Se p, allora q;

    ma p, dunque q.


Si osserva facilmente che la validità dell'argomentazione si ottiene sempre sostituendo alle lettere equiformi proposizioni equiformi.


La validità dell'argomentazione non dipende dal significato né dal valore di verità delle proposizioni semplici da cui è composta: LE LEGGI LOGICHE SONO TAUTOLOGIE


Le lettere "p" e "q" si chiamano variabili, nel senso che stanno al posto di proposizioni diverse.

La scoperta che sia possibile sostituire lettere a proposizioni è la scoperta fondamentale di Aristotele che è alla base della nascita della logica formale.


Le variabili, tuttavia, si dividono in due classi: proposizionali e terminali:


Es.

  1. se p, allora q

  2. se piove, allora la terra è umida

  3. se pioggia, allora umida

  4. se nessun A è B, nessun B è A (legge tradizionale della conversione semplice)

  5. se nessun uomo è cattivo, nessun cattivo è uomo

  6. se nessun è giorno è è notte, nessun è notte è è giorno


Torniamo all'espressione: "se p, allora q; ma p, dunque q".

Oltre alle variabili "p" e "q", ci sono anche le parole "se ... allora", "ma", "dunque". Tali parole sono chiamate "predicati", in un senso molto più ampio di quello comune. Ogni espressione che determina in qualunque modo un'altra espressione, sarà chiamata "predicato". Nei seguenti esempi indichiamo con il corsivo i predicati:


Es.

  1. se p, allora q

  2. non p

  3. piove o il sole splende

  4. Isidoro beve

  5. Isidoro ama Francesca

  6. sin x

  7. il grande Cavour


L'espressione che viene determinata da un predicato, si chiama "argomento" di quel predicato:


Es. In "Isidoro beve" il termine "Isidoro" è argomento del predicato "beve"


Es. In "piove o il sole splende" ci sono due argomenti del predicato "o": "piove", "il sole splende".


Si noti che l'argomento può a sua volta essere composto di predicati e di argomenti:


Es. Isidoro ama la città o Isidoro ama la campagna


I predicati si possono classificare in diverse maniere:


  1. Predicati proposizionali (hanno come argomenti proposizioni o variabili proposizionali)o predicati terminali (hanno come argoenti termini o variabili terminali)

  2. Predicati monoargomentali, biargomentali, triargomentali ecc...


Es.

  1. La copula "è" è biargomentale, ma il predicato "è" può avere anche solo valore esistenziale (giudizi di esistenza: "Il gatto è")

  2. "Dare" è triargomentale: "Isidoro dà a Pippo il libro"


  1. Alcuni predicati sono costitutivi di proposizioni, altri no


Es.

  1. Isidoro mangia

  2. il grande Isidoro


Tutte le espressioni che contengono variabili (terminali o proposizionali) che, se correttamente sostituite (da termini o da proposizioni), producono proposizioni, sono dette funzioni proposizionali, in analogia alla nozione fondamentale della matematica moderna di funzione matematica, f(x), le cui variabili possono essere validamente sostituite solo da termini che sono simboli numerici.

  1. Come si vede, con la nozione di funzione proposizionale, definita da G. Frege al termine del secolo XIX, la logica ha imparato a simbolizzare con lettere o altri segni non solo le variabili, gli argomenti dei predicati, ma i predicati stessi (terminali e proposizionali), simbolizzando completamente la logica formale nascita della logica simbolica. Questa può essere definita la più importante scoperta della logica formale, dopo l’invenzione della logica formale stessa ad opera di Aristotele e degli Stoici.


La definizione della funzione proposizionale come “espressione che contiene variabili e che dunque non è una proposizione” è ambigua. Infatti, se non è una proposizione, non potrebbe essere mai né vera né falsa.

  1. Tuttavia: l’espressione: “per tutti i p e q: se p allora q; ma p; dunque q” è sempre vera (è una legge logica), pur contenendo variabili proposizionali. Oppure, l’altra espressione “per qualche x: se x è studente, allora x è presente nell’università” è suscettibile di essere vera (per gli studenti presenti) o falsa (per gli studenti assenti), pur contenendo variabili terminali.

      - In ambedue questi casi, tuttavia, non siamo in presenza di vere e proprie variabili, visto che sono vincolate (bounded) da quantificatori (quantifiers), rispettivamente universale (“per tutti”, universal quantifier) e particolare o esistenziale (“per qualche”, particular or existential quantifier).

  2. Sono dunque propriamente «funzioni proposizionali» solo quelle espressioni che contengono variabili libere (free) o non-vincolate (unbounded) da quantificatori.